Noi esseri civilizzati siamo il prodotto di molti libri… Scrivere e leggere è l’esercizio più antico che separa la civiltà dalla barbarie (Fernando Savater)

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Adotta una Figura Retorica

Prendete una parola, prendetene due
fatele cuocere come se fossero uova
scaldatele a fuoco lento
versate la salsa enigmatica
spolverate con qualche stella
mettete pepe e fatele andare a vela
Raymond Queneau

 

Per avvicinare i giovani studenti alla comprensione delle figure retoriche, ho proposto un’attività didattica creativa, in grado di mettere in gioco la facoltà di esplorazione e la metacognizione. 

Questa attività didattica è stata anche stimolata dal corso di aggiornamento professionale, promosso dall’Accademia dei Lincei.

Percorso Operativo: Adotta una figura retorica

  1. Scegli la tua figura retorica preferita;
  2. Spiega le caratteristiche della figura retorica e il motivo per cui hai fatto questa scelta;
  3. Cita un esempio tratto da una poesia per ragazzi, come ad esempio poesie di Rodari.

Esempi di lavori 

A cura di Egle, classe 1^ E

Ho deciso di adottare la personificazione. Si tratta di una figura retorica che consiste nell’attribuzione di comportamenti, pensieri umani a qualcosa che umano non è.

Oggetto di personificazione può essere una cosa, un animale o anche un concetto astratto, come la pace, la giustizia, la vendetta.

La retorica della personificazione è anche usata in pubblicità.

Ad esempio, in Geox: La scarpa che respira. In questo caso, abbiamo un esempio tipico di trasposizione di un’azione dell’essere umano (il respiro) su un oggetto inanimato (la scarpa).

Risultati immagini per personificazione

Un altro classico esempio di personificazione sono le mascotte, personaggi utilizzati come testimonial di prodotti, che spesso coincidono con il prodotto stesso. Penso ad esempio agli m&m’s o all’aceto balsamico Ponti.

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Grazie alla personificazione è possibile ampliare gli aspetti collegati all’umorismo o alle emozioni. 

Oltre alla pubblicità, la personificazione compare in numerose poesie. Un esempio di questa figura retorica è presente nella poesia Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, in cui Leopardi si rivolge alla luna: Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai/silenziosa luna?

Un altro esempio, è presente in Cade la neve di Alda Merini.

Cade la neve: tutt’intorno è pace

Sui campi e sulle strade;

silenziosa e lieve,

volteggiando la neve cade.

Danza la falda bianca

nell’ampio ciel scherzosa

poi sul terren si posa stanca. (…)

In questa poesia, personificazioni e metafore si alternano tra loro.

La neve è rappresentata come una bella e dolce fanciulla, che danza e volteggia con leggiadria, come se fosse una ballerina; poi affaticata, s’adagia e s’addormenta nella sua pace, giacché la neve è metafora della pace che scende nella profonda indifferenza del mondo.

A cura di Sofia G.,

classe 1^ E

Ho scelto di adottare l’anafora. Questa figura retorica consiste nel ripetere due o più volte un’espressione all’inizio di frasi o di versi successivi, per sottolineare un’immagine o un concetto: si tratta del modulo tipico della ripetizione. Mi piace perché dà ritmo e musicalità alla poesia.

La poesia in cui è presente questa figura retorica è Il più bello dei mari di Nazim Hikmet

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.

Quando leggo questa poesia, immagino che il poeta stia parlando con la persona che ama, probabilmente una donna, cercando di trasmetterle serenità e ottimismo verso il futuro, anche facendola riflettere sugli eventi che potranno accadere.

Questa poesia non è da intendersi letteralmente, parola per parola, ma con un significato spirituale e figurato.

Infatti, l’espressione ‘Il più bello dei mari’ è quello che non navigammo’ significa che la parte migliore della vita deve essere ancora affrontata; l’espressione il più bello dei nostri figli, non è ancora cresciuto, significa che il tempo in famiglia crescerà sempre di più.

 

A cura di Sebastiano M.G., 

Classe 1^ E

Per la mia ricerca sulle figure retoriche, ho scelto le canzoni di Fabrizio De André, che hanno una forma poetica e letteraria.

 

Per le figure retoriche di suono, allitterazione e onomatopea, ho scelto i versi di seguito, estrapolati da Amore che vieni, amore che vai:

E tu che con gli occhi di un altro colore

mi dici sempre le stesse parole d’amore (…)

Come si nota è presente un’allitterazione, tramite l’utilizzo di molte “r”, che dà la sensazione dell’amore che scappa velocemente.

In Se ti tagliassero a pezzetti, trovo che nel verso Il regno dei ragni… richiami il lavorio delle zampette dei ragni:

     Se ti tagliassero a pezzetti

     il vento li accoglierebbe

     il regno dei ragni cucirebbe la pelle

     e la luna tesserebbe i capelli e il viso.

Per le figure retoriche di significato, similitudine, metafora e sinestesia: in La canzone di Marinella e Il pescatore ci sono due belle similitudini, citate di seguito evidenziate:

     Bianco come la luna il suo cappello

      come l’amore rosso il suo mantello(…)

 Per la metafora ho scelto Carlo Martello ritorna dalla battaglia di Poitiers:

 

     Al sol della calda primavera

     lampeggia l’armatura

     del Sire vincitor.

Avvicinare l’immagine del mondo con quella del cuore mi fa pensare che il cuore di De André è vasto e grandissimo.

 

In Canzone del maggio c’è la personificazione:

     Anche se il nostro maggio

     ha fatto a meno del vostro coraggio

     se la paura di guardare

     vi ha fatto chinare il mento

     se il fuoco ha risparmiato

     le vostre Millecento

     anche se voi  vi credete assolti

     siete lo stesso coinvolti.

E in L’ombra di Maria è presente la sinestesia:

 

Nel grembo umido, scuro del tempio

l’ombra era fredda,gonfia d’incenso.

 

E per finire per le figure di ordine come l’anafora  ho scelto  Il pescatore:

 

     Venne alla spiaggia un assassino

     due occhi grandi da bambino

     due occhi enormi di paura

     eran gli specchi di un’avventura (…)

E’ stato molto bello scoprire che all’interno delle canzoni di Fabrizio De André ci sono tantissime figure retoriche.

La mia figura retorica preferita è l’anafora perché nella ripetizione si formano anche delle sonorità che rendono il testo ancora più bello e ritmico.

 

A cura di Stefano T.,

classe 1^ E

Ho scelto di adottare la metafora. Questa figura retorica consiste nella sostituzione di una parola con un’altra, legata alla prima da un rapporto di somiglianza. Essa mi piace perché le frasi arricchite dalle metafore sono più stimolanti e creative.

Ho scelto la poesia di Rodari, intitolata La scuola dei grandi, poiché tratta un tema che mi sembra familiare, in quanto essa associa al vita dei grandi a quella degli studenti.

La scuola dei grandi, di Gianni Rodari

Anche i grandi a scuola vanno

tutti i giorni di tutto l’anno.

Una scuola senza banchi

senza grembiule nè fiocchi bianchi.

E che problemi, quei poveretti

a risolvere sono costretti:

In questo stipendio fateci stare

vitto, alloggio e un po’ di mare (…)

In questa poesia, Rodari vuole farci capire che non si finisce mai di andare a scuola anche da adulti e quindi di studiare e imparare cose nuove. La scuola dei grandi non ha vacanze, dura un anno intero, poi un altro è un altro ancora ed essi devono riuscire a far rientrare in quello che guadagnano tutti i bisogni della famiglia.

Insomma la vita da adulto non è proprio rosa e fiori, perché anche per loro ci sono lunghi momenti difficili, come nella scuola che viviamo noi alunni.In questo caso Rodari non sostituisce semplicemente una parola con un’altra a cui è legata da un rapporto di somiglianza, ma l’intera poesia è tutta una metafora in cui la vita degli adulti è rispecchiata dalla vita degli scolari.

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A cura di Virginia M.,

Classe 1^ E

La mia figura retorica preferita è la similitudine, perché evidenzia la somiglianza tra due elementi e li paragona tra loro.

Ho scelto questa figura retorica perché mi piace il modo creativo in cui viene espressa la somiglianza.

Per esemplificare la mia riflessione, ho scelto la poesia San Martino di Carducci.

 

 San Martino di Carducci

La nebbia a gl’irti colli

Piovigginando sale,

E sotto il maestrale

Urla e biancheggia il mar; (…)

 

Tra le rossastre nubi

Stormi d’uccelli neri,

Com’esuli pensieri,

Nel vespero migrar.

 

In questa poesia Carducci descrive il paesaggio e la vita del suo borgo, nel giorno di San Martino. In questo quadro autunnale Carducci rievoca la semplicità agreste della sua terra d’infanzia. Le immagini degli elementi della natura: nebbia, colline, mare, comunicano armonia ed equilibrio. La similitudine è: uccelli neri, come esuli pensieri, in cui si paragonano gli uccelli ai pensieri, che si vorrebbero mandare via lontano. Questa similitudine mi ha colpito, perché solitamente si paragona una cosa astratta a una concreta e non viceversa.

A cura di Martina D., 

Classe 1^ E

La figura retorica che ho scelto è la personificazione. Essa dà vita a un oggetto o a un animale, a cose sia concrete che astratte, come se improvvisamente avessero i cinque sensi. Ho scelto questa figura retorica perché attribuire un’anima a oggetti senza vita mi pare creativo e divertente. Infatti, la personificazione ti permette di sbrigliare la fantasia e di entrare in un mondo magico.

Per rappresentare la mia figura retorica del cuore, ho scelto la Luna bambina,di Rodari.

 

E adesso a chi la diamo

questa luna bambina

che vola in un “amen”

dal Polo Nord alla Cina?

 

Se la diamo a un generale,

povera luna trottola,

la vorrà sparare

come una pallottola. (…)

 

 In questa filastrocca, il poeta vuole dare la luna a qualcuno, ma non sa a chi. Ipotizza di donarla a un generale, che la sparerebbe, a un avaro, che la metterebbe in banca a un calciatore, etc. etc. Come leggiamo nei versi, la luna ha sentimenti umani (personificazione).

Spesso il male di vivere ho incontrato

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Spesso il male di vivere ho incontrato, E. Montale

 

Spesso il male di vivere ho incontrato:
era il rivo strozzato che gorgoglia,
era l’incartocciarsi della foglia
riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori del prodigio
che schiude la divina Indifferenza:
era la statua nella sonnolenza
del meriggio, e la nuvola e il falco alto levato.

Parafrasi

Spesso ho incontrato la sofferenza del vivere, che si potrebbe paragonare al faticoso fluire del ruscello (rivo) che gorgoglia (come in un lamento) impossibilitato nel suo scorrere (strozzato). (Il male di vivere è anche associabile) alla foglia che si accartoccia, perché bruciata dalla calura (riarsa) e al cavallo stroncato dalla fatica (stramazzato).

Non conobbi altra possibilità di esperienza positiva (bene), se con nella condizione rara (del prodigio) tipico di un atteggiamento di superiore distacco (divina indifferenza). La divina indifferenza si manifesta nella statua, nel torpore del mezzogiorno; essa si manifesta nella nuvola e nel falco che vola lontano. (La statua indica la staticità inerte insensibile delle cose. La nuvola per la sua inconsistenza e il falco per la sua libertà istintiva, colti mentre si stagliano nel cielo in un momento di staticità).

La forma e lo stile

La lirica è divisa in due quartine di endecasillabi, tranne l’ultimo verso che è un settenario doppio. Schema: ABBA CDDA. Il componimento ha un andamento discorsivo e il lessico è scarno ed essenziale, caratterizzato da suoni duri e dissonanti (rivo strozzato, cavallo stramazzato).

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Correlativo Oggettivo 

Procedimento poetico, inizialmente elaborato da Eliot e poi autonomamente ripreso e sviluppato da Montale, per cui una determinata sensazione o emozione viene rappresentata sulla pagina attraverso alcuni oggetti concreti o una situazione particolare, che dovrebbero suscitare nel lettore ciò che prova il poeta senza necessità di mediazione o di spiegazione.

In questa poesia Montale associa al male (il male di vivere) il rivo strozzato, la foglia / riarsa, il cavallo stramazza (elementi concreti della natura che rimandano al concetto di male di vivere).

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Commento

Questa poesia è compresa nella raccolta “Ossi di seppia”, pubblicata nel 1925.

La prima parte della poesia è incentrata sul malessere esistenziale ravvisabile nelle situazioni quotidiane.  Montale trae alcuni esempi dalla realtà naturale, nel regno inanimato, animale e vegetale: il rivo, la foglia, il cavallo, colti in un momento di precarietà e dolore, come sottolineano gli aggettivi ad essi collegati: strozzato, riarsa, stramazzato: il ruscello che non può più scorrere, la foglia che si accartoccia, il cavallo che è stroncato dalla fatica.E’ la constatazione che in tutti gli aspetti della realtà esiste un  male di vivere cosmico e un’uguale sofferenza degli uomini (correlativo oggettivo).

Nella seconda quartina, in opposizione al male di vivere, Montale afferma che l’unico bene per l’uomo consiste nell’atteggiamento di indifferenza, per tutto ciò che è segnato dal male e dal dolore.

Ai tre emblemi del male si contrappongono simmetricamente, tre esempi concreti di questa specie di bene (correlativi oggettivi): la statua, la nuvola e il falco: la statua si caratterizza per la sua fredda, marmorea insensibilità; la nuvola e il falco perché si levano alti al di sopra della miseria del mondo.