Percorso sulla poesia e la canzone

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Far poesia è creare un luogo in cui immergersi nelle
parole. Far poesia è darsi il tempo di ascoltare il
proprio respiro. Far poesia è un modo per parlare e
per sentire con tutti i sensi e in molti sensi
(Carminati)

La Poesia e la Canzone del Novecento 

Nella società contemporanea eventi drammatici, come la guerra e i genocidi, ispirano poesie volte a trasmettere un insegnamento di tipo morale.

Veglia, di Ungaretti 

Un’intera nottata
Buttato vicino
A un compagno
Massacrato
Con la bocca
Digrignata
Volta al plenilunio
Con la congestione
Delle sue mani
Penetrata
Nel mio silenzio
Ho scritto
Lettere piene d’amore

Non sono mai stato
Tanto
Attaccato alla vita.

Percorso Operativo

Fase di svolgimento del lavoro

  1. L’insegnate legge due volte ad alta voce la poesia, scandendo le parole e con un’intonazione adeguata, rispettando il ritmo e le pause, in modo da permettere ai ragazzi la comprensione del testo.
  2. Il docente pone agli studenti delle domande sul significato delle parole complesse (digrignata, plenilunio, etc.) o di alcuni versi, proponendo l’uso del dizionario.
  3. La docente invita i ragazzi a rileggere la poesia in modo silenzioso.
  4. La docente crea dei piccoli gruppi per un lavoro di comprensione del testo.

La bambina di Hiroshima, di Nazim Hikmet (Seconda guerra mondiale)

Apritemi sono io…
busso alla porta di tutte le scale
ma nessuno mi vede
perché i bambini morti nessuno riesce a vederli.

Sono di Hiroshima e là sono morta
tanti anni fa. Tanti anni passeranno.

Ne avevo sette, allora: anche adesso ne ho sette perché i bambini morti non
diventano grandi.

Avevo dei lucidi capelli, il fuoco li ha strinati,
avevo dei begli occhi limpidi, il fuoco li ha fatti di vetro.

Un pugno di cenere, quella sono io
poi il vento ha disperso anche la cenere.

Apritemi; vi prego non per me
perché a me non occorre né il pane né il riso:
non chiedo neanche lo zucchero, io:
a un bambino bruciato come una foglia secca non serve.

Per piacere mettete una firma,
per favore, uomini di tutta la terra
firmate, vi prego, perché il fuoco non bruci i bambini
e possano sempre mangiare lo zucchero. (Nazim Hikmet)

Il poeta immagina che le parole di denuncia e di monito rivolte a tutta l’umanità nei confronti della guerra atomica siano quelle di una bambina morta in quella tragica circostanza. La voce esile, ma al tempo stesso potente della bambina, chiede agli uomini di tutta la Terra di firmare una petizione per il disarmo nucleare. La sua vita è stata bruciata dall’esplosione del micidiale ordigno, come quella di migliaia di altri fanciulli: fragili foglie secche incenerite dalla vampa di fuoco. Ma la sua preghiera non è per sé, che non ha più bisogno di nulla: il messaggio è rivolto a scuotere la coscienza di tutti gli uomini, affinché la bomba che l’ha uccisa non bruci ma più altri bambini ed essi possano vivere serenamente e diventare grandi un un mondo privo di odio e conflitti.

Milano, agosto 1943

Invano cerchi tra la polvere
Povera mano, la città è morta.
È morta: s’è udito l’ultimo rombo
sul cuore del Naviglio. E l’usignolo
è caduto dall’antenna, alta sul convento,
dove cantava prima del tramonto.
Non scavate pozzi nei cortili:
i vivi non hanno più sete.
Non toccate i morti, così rossi, così gonfi:
lasciateli nella terra delle loro case:
la città è morta, è morta. (Salvatore Quasimodo)
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Il poeta si rivolge a colui che inutilmente scava tra le macerie in quanto la città è distrutta. E’ distrutta in quanto è caduta l’ultima bomba nel centro della città. Anche l’usignolo è caduto dall’antenna che si trovava sul convento, dove cantava prima del tramonto. Il poeta ribadisce che non serve scavare pozzi nei cortili, in quanto i sopravvissuti non hanno più sete. E non serve neppure spostate i morti  dilaniati e gonfi, poiché è bene lasciarli in pace nella terra delle loro case dove giacciono.

  1. Se questo è un uomo, di Primo Levi (Seconda guerra mondiale)
  2. Bella ciao (Resistenza)