Intelligenza

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La misura dell’intelligenza è la capacità di cambiare                                    Albert Einstein

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A livello di senso comune si sanno molte cose sull’intelligenza; ad esempio che essa: riguarda il pensiero, la creatività e la soluzione di problemi; guida comportamenti diversi da quelli regolati dall’istinto o dall’abitudine; può essere influenzata negativamente da particolari condizioni emotive e sociali.

ETIMOLOGIA. L’etimologia della parola intelligenza si fa risalire all’avverbio latino intus = dentro ed al verbo latino legere = leggere, comprendere, raccogliere idee e informazioni riguardo a qualcuno o a qualcosa. L’intelligenza è la facoltà di comprendere la realtà non in maniera superficiale ma, andando oltre, in profondità. Pertanto, intelligente non è chi possiede tante informazioni, ma colui che comprende ciò che fa.

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Sono stati fatti tanti studi sulla materia. Ricordiamo: gli studi sulla psicologia della Gestalt, sottolinea che rispetto alle soluzioni istintive od ottenute per prove ed errori, il comportamento intelligente consiste nella scoperta consapevole di collegamento mezzi/fini. Si vedano gli studi su Kohler sull’intelligenza degli scimpanzè.

Claparede sottolinea l’importanza che riveste in un atto di intelligenza l’attività di ricerca e ritiene che esso sia caratterizzato da tre diverse fasi: la domanda, la scoperta dell’ipotesi e la sua verifica.

Per Piaget l’intelligenza permette le forme più evolute dell’adattamento (consistente in uno squilibrio fra assimilazione e accomodamento). Secondo Piaget lo sviluppo dell’intelligenza è dovuto sia a fattori maturativi sia esperenziali.

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Piaget

Nello studio dell’intelligenza possiamo distinguere un approccio psicometrico, centrato sulle prestazioni nei test di intelligenza; un approccio cognitivo, che si occupa dei processi mentali alla base delle prestazioni e un approccio funzionale che considera l’intelligenza un complesso di abilità utili nella vita.

 

Attualmente, si tende a identificare l’intelligenza con il complesso di abilità necessarie per la vita. In questa prospettiva, rientrano la teoria delle intelligenze multiple di Gardner, la teoria tripolare di Sternberg e l’intelligenza emotiva di Goleman.

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L’intelligenza, secondo Hower Gardner, è caratterizzata da varie forme, ovvero potenzialità biologiche presenti sin dalla nascita che in ogni essere umano assumono una particolare combinazione di livelli di sviluppo, rendendo unico il suo profilo intellettivo.

Il punto di partenza della concezione di Gardner è la convinzione che la teoria classica dell’intelligenza basata sul presupposto che esista un fattore unitario, misurabile tramite i classici test per misurare l’intelligenza, sia errata. Dopo aver effettuato indagini sull’intelligenza dei bambini e su adulti colpiti da vari tipi di patologie, egli teorizzò che gli esseri umani sono dotati di almeno sette differenti tipologie di intelligenza:

1. Intelligenza logico-matematica;

2. Intelligenza linguistica;

3. Intelligenza spaziale;

4. Intelligenza musicale;

5. Intelligenza corporeo-cinestetica;

6. Intelligenza interpersonale;

7. Intelligenza intrapersonale.

 

 

Abbiamo due menti, una che pensa, l’altra che sente. Queste due modalità della conoscenza, così fondamentalmente diverse, interagiscono per costruire la nostra vita mentale (Goleman)

 

 

L’intelligenza emotiva è un aspetto dell’intelligenza legato alla capacità di riconoscere, utilizzare, comprendere e gestire in modo consapevole le proprie ed altrui emozioni. L’intelligenza emotiva è stata trattata la prima volta nel 1990 dai professori Peter Salovey e John D. Mayer nel loro articolo Emotional Intelligence. Essi definiscono l’intelligenza emotiva come la capacità di controllare i sentimenti (stati d’animo, ovvero condizione cognitivo-affettiva che dura più a lungo delle emozioni e che presenta una minore incisività rispetto alle passioni) ed emozioni (stati mentali e fisiologici associati a modificazioni del corpo e della mente, a causa di stimoli interni o esterni, naturali o appresi) proprie ed altrui, distinguere tra di esse e di utilizzare queste informazioni per guidare i propri pensieri e le proprie azioni.

Daniel Goleman indica sei caratteristiche che contraddistinguono coloro che fanno uso dell’intelligenza emotiva:

  1. Abilità nella consapevolezza di sé: questo permette di produrre risultati riconoscendo le proprie emozioni e pensieri.
  2. Abilità nel dominare se stessi: è la capacità di utilizzare i propri sentimenti per un fine.
  3. Abilità motivazionale: l’abilità di scoprire i motivi profondi che spingono all’azione.
  4. Abilità empatica: capacità di intuire i sentimenti, le aspirazioni e le emozioni altrui per entrare in contatto.
  5. Abilità di socializzazione: la capacità di stare con gli altri e di percepire i movimenti che avvengono tra le persone.
  6. Abilità decisionale.